Karl Marx: chi era, biografia e ideologia

Molti conoscono Karl Marx come un’uomo che, con la filosofia, ha cercato di spiegare in modo critico le idelogie alla base della politica e dell’economia del periodo conosciuto come Rivoluzione industriale. Ma certi suoi enunciati sono ancora oscuri per qualcuno, per cui cercheremo di spiegarli in modo più semplice. Questo articolo potrebbe anche essere visto come una guida per coloro che si trovano a studiare il 1800 sotto il punto di vista storico ed ideologico.

Biografia di Karl Marx

Karl Marx nasce a Treviri il 5 maggio nell’anno 1818 da una famiglia di origine ebraica (padre tedesco e madre olandese) convertita più avanti al protestantesimo. Tuttavia lo stesso Marx si professerà ateo. Il padre fu un importante avvocato, ma soprattutto come educatore per Karl, che crebbe con idee liberali e razionalistiche. Nel 1835 si iscrive alla facoltà di Giurisprudenza a Bonn per poi trasferirsi l’anno dopo in quella di Berlino, passando alla Filosofia dopo aver conosciuto Hegel e studiato il tuo pensiero laureandosi alla facoltà della città di Jena e presentandosi come un’appassionato della filosofia antica di Epicuro, scardinata dal meccanicismo e votata alla libertà rispetto a quella di Democrito. Per diverso tempo lavorò come curatore di una Gazzetta ma venne trasferito obbligatoriamente a Parigi nell’anno 1943, periodo in cui conobbe Engels.

Le origini hegeliane

Per comprendere la filosofia di Marx è necessario, anzitutto, comprendere quella di Feuerbach che, come Marx stesso, fu uno dei più attivi esponenti tra gli allievi di Hegel: quest’ultimi si divisero a loro volta in due fazioni contrapposte, tra chi interpretava gli insegnamenti del proprio maestro in senso religioso e la sua dialettica come conservatrice, e chi, invece, sostenevano le proprie idee sotto un punto di vista più materialistico, decifrando quindi il suo pensiero e considerandolo come motore della rivoluzione storica. La questione centrale dell’oratoria hegeliana era in particolare espressa in una frase: la filosofia e la religione spiegano la stessa evoluzione dei fatti. Ed è proprio in questo punto che gli allievi si chiesero che senso avesse quell’enunciato e si divisero in quelle due correnti di pensiero in cui la fazione destra era convinta che la filosofia conservi in qualche modo la religione, mentre la parte sinistra sosteneva che l’una superasse l’altra a favore di una rivoluzione più veloce.

Feuerbach e il materialismo

Arriviamo quindi a Feuerbach, il quale pensiero prende spunto da quello di Hegel, ma al contempo manifesta una pesante critica, anzitutto verso il suo materialismo: essere è il soggetto e il pensare è il predicato, quindi le idee, il pensiero e l’assoluto nascono dal soggetto, dalla mente umana. Per questo l’idealismo hegeliano è sbagliato perché riedifica il predicato, inverte causa ed effetto, facendo diventare il pensiero un soggetto e l’essere un predicato: stando a ciò la realtà si pensa sia creata dallo spirito, che è un concetto del tutto astratto. La religione, secondo Feuerbach, quindi diventa la prima ma indiretta coscienza che l’uomo ha di se stesso. Tutte queste idee, trascritte in lettera e spedite ad Hegel, lo stesso filosofo non rispose, ignorandole.

La filosofia marxista

Tutto ciò che fa Marx è, in pratica, riprendere il pensiero del collega Feuerbach e la critica contro Hegel: nel 1843 scrive Critica della filosofia  del diritto di Hegel un compendio in cui esprime in tutto e per tutto il suo pensiero, accusando il suo stesso maestro di misticismo logico: la realtà diventa manifestazione dello spirito o dell’assoluto e tutto viene giustificato con l’esistenza di una realtà spirituale.

Critica al capitalismo

L’anno 1844 fu importante per l’orientamento politico di Marx poiché segnò il suo passaggio al comunismo. Approfondì gli studi sull’economia, specie quella della borghesia e redasse i Manoscritti economico-filosofici. In questi scritti espresse pienamente il suo  pensiero criticando la società borghese come espressione teorica del capitalismo, idealizzandolo come l’unico metodo naturale di ottenere e distribuire la ricchezza sfruttando la forza lavoro, senza rendersi conto dei conflitti che tutto ciò comporta, soprattutto tra gli imprenditori borghesi capitalisti e e il salario dei proletari. Questo tipo di conflitto si esplica nell’alienazione, cioè quella condizione secondo cui il proletario si estrania, sottomettendosi anche questi al “dio denaro”, e dimenticandosi così del valore della propria forza lavoro.  Marx rivendica i diritti del proletariato ricordando che la società borghese capitalista deve dare maggior valore alla forza lavoro, perché senza questa non potrebbe ottenere e distribuire prodotti e beni, eliminando l’alienazione dal lavoro ripetitivo e concedere un salario adeguato.

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